La tendenza a conservare oggetti senza riuscire a liberarsene, anche quando si tratta di beni privi di reale utilità o valore, è riconosciuta oggi come una specifica patologia. Il nome ufficiale di questo disturbo, definito clinicamente e riconosciuto dalle più recenti classificazioni internazionali, è Disturbo da Accumulo (in inglese Hoarding Disorder), precedentemente noto anche come disposofobia, accumulo compulsivo, accaparramento compulsivo, mentalità Messie o sillogomania. Queste persone sono spesso descritte come “accumulatori seriali”, cioè soggetti la cui vita quotidiana è fortemente compromessa dall’impossibilità di disfarsi delle cose conservate.
Caratteristiche principali del disturbo
Chi soffre di disturbo da accumulo manifesta una serie di comportamenti specifici che si differenziano nettamente da una semplice tendenza ad essere ordinati o nostalgici. Il disturbo è caratterizzato da:
L’immagine più comune legata a questo disturbo è quella di persone letteralmente “sepolte in casa” da mucchi di oggetti di ogni tipo, ma il disagio e le conseguenze psicologiche superano di gran lunga la semplice mancanza di ordine.
Diagnosi e classificazione clinica
La definizione clinica di disturbo da accumulo si è evoluta nel tempo. Inizialmente veniva considerato un sintomo del disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), ma a partire dal 2014, anche grazie alla pubblicazione del DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), il disturbo da accumulo è stato riconosciuto come una categoria separata e autonoma, con criteri diagnostici specifici.
La diagnosi si basa quindi su parametri precisi:
Occorre distinguere questa patologia dalla semplice tendenza al collezionismo: mentre i collezionisti selezionano consapevolmente oggetti di una certa categoria, chi soffre di accumulo compulsivo accumula senza alcun criterio logico, e si trova sopraffatto al punto da non avere più il controllo della situazione.
Origini, cause e correlazioni con altri disturbi
Le cause del disturbo non sono ancora del tutto chiarite, ma si riconosce una componente multifattoriale che coinvolge aspetti biologici, psicologici e ambientali. Studi neuroscientifici suggeriscono alterazioni in specifiche aree cerebrali responsabili del processo decisionale e dell’elaborazione delle emozioni. L’accumulo patologico si può presentare in associazione con altre condizioni psicopatologiche, fra cui:
Un aspetto centrale è l’enorme angoscia che il pensiero di dover gettare via un oggetto suscita in queste persone, che sono spinte a conservare anche oggetti che gli altri giudicano privi di ogni valore. In casi estremi, la situazione sfocia in un vero e proprio isolamento sociale.
Complicanze, conseguenze e prospettive di trattamento
Le ripercussioni del disturbo da accumulo sono spesso drastiche. Gli spazi domestici diventano inabitabili, vengono compromesse la sicurezza, l’ e la salute degli abitanti della casa, aumentano i rischi di incendi, infestazioni o incidenti domestici. Le conseguenze sociali sono altrettanto gravi: le persone affette tendono a isolarsi per il disagio e la vergogna, perdono rapporti familiari e spesso faticano a mantenere un lavoro stabile.
Il trattamento ideale per questa condizione è la psicoterapia cognitivo-comportamentale, specificamente adattata per il disturbo da accumulo. Nei casi più complessi può essere utile integrare una terapia farmacologica, soprattutto se coesistono altri disturbi come depressione o ansia. L’approccio terapeutico coinvolge spesso anche la famiglia e le persone vicine, indispensabili per supportare il percorso di guarigione.
Prevenzione e sensibilizzazione
Pur essendo relativamente diffuso, il disturbo da accumulo è stato a lungo sottovalutato o confuso con altre patologie. Solo con l’aumento dell’informazione e della sensibilizzazione – anche grazie a campagne mediatiche e programmi TV dedicati – si è iniziato a comprendere la gravità del problema e la necessità di interventi specifici.
La prevenzione si basa su un’identificazione precoce dei segnali d’allarme, come l’accumulo di oggetti senza motivo apparente e la difficoltà a disfarsi di beni inutili. L’intervento tempestivo può evitare un peggioramento del quadro clinico e favorire una ripresa più rapida della qualità della vita.
Nel panorama psichiatrico, la consapevolezza che il disturbo da accumulo rappresenta una condizione clinica specifica e invalidante ha permesso l’elaborazione di protocolli di cura più efficaci e orientati alle reali necessità dei pazienti e delle loro famiglie.
Il disturbo da accumulo, o disposofobia, è quindi una vera e propria patologia che va ben oltre una semplice abitudine o inclinazione all’ordine: riconoscere il problema e rivolgersi a professionisti qualificati è il primo passo per tornarne padroni e migliorare la propria qualità di vita.